BRESCIAOGGI. Michelangeli Festival

BRESCIAOGGI
April 29, 2002

OLEG MARSHEV L’“INFATICABILE”

Al termine dell’impegnativa prova il musicista russo ha concesso tre bis

 

È stata saggia la scelta del programma pianistico di Oleg Marshev, l’altra sera al teatro Grande per il Festival pianistico internazionale “Arturo Benedetti Michelangeli”: l’intento era quello di illustrare il virtuosismo pianistico, in particolare quello di Muzio Clementi, e proprio con questo autore Marshev ha deciso all’ultimo momento di iniziare la sua serata, con la “Sonata in si minore op.40 n.2”. Un esordio “soft” con l’Allegro con fuoco; un fuoco moderato in questo caso, anche se ravvivato dal colpo d’ala del rapido passaggio cromatico discendente e con una scrittura che spesso anche nel Presto finale ricordava il clavicembalo.

Qualcuno sarà rimasto sorpreso nel veder incluse in questa serata anche quattro Sonate scarlattiane, ma il fatto è che alcune sono davvero improntate al virtuosismo clavicembalistico, come l’Allegro della “Sonata in re minore L422” con le sue note ribattute e il suo carattere tanto spigliato e libero rispetto alla rigida struttura bipartita tipica di queste composizioni.

Ma tutto questo non era che un semplice “assaggio” i l’hanno capito subito qli spettatori ascoltando il brano che ha concluso la prima parte della serata, la Parafrasi da concerto “La Bella Addormentata nel bosco” di Ciajkovskij, scritta da Paul Pabst. Qui Oleg Marshev sì è misurato con una tastiera padroneggiata con eleganza ma anche con estremo vigore. Eh sì, perché per affrontare un programma come quello dell’altra sera occorre non solo una bella testa, una memoria eccezionale, prontezza e preparazione, ma anche un “fisico” notevole per reggere le due ore di prova. Ma la fatica non sembra aver sfiorata Oleg Marshev nemmeno nelle venti “Variazioni op.42” di Rachmaninov su un tema di Corelli dove, dopo un iniziale rispetto per la struttura originale del famoso tema, il pianista è chiamato all’arduo compito di evocare una serie di piccoli mondi sonori sempre più distanti dal punto di partenza.

E nemmeno il clima “infernale” della Fantasia quasi Sonata “Dopo una lettura di Dante” di Liszt ha spaventato l’imperturbabile Marshev, dalla resistenza inossidabile fino allo strepitoso finale di questo famoso pezzo.

Dopo una prova del genere ci si aspettava che il solista in scena, pago degli applausi del pubblico, se ne andasse a riposare. Macché: Oleg Marshev, fresco come una rosa, ha regalato al pubblico tre bis, uno dopo l’altro, fra cui un famoso Preludio di Rachmaninov e soprattutto la bellissima miniatura del “Mormorio del vento” di Emil von Sauer, allievo di Liszt.

Luigi Fertonani