GIORNALE DI BRESCIA. Michelangeli Festival

GIORNALE DI BRESCIA
April 28, 2002

Entusiastici applausi per l’interprete russo al suo primo recital bresciano, ieri a Festival

Marshev, magnifiche lezioni di piano

 

Con un denso programma, ricco di pagine avvincenti, ha debuttato ieri al Grande, per il Festival, il pianista russo Oleg Marshev, che ha proposto musiche rappresentative di diverse culture, quella italiana ed europea e quella orientale, ma solo nell’aspetto geografico.

Il Liszt della “Lettura di Dante” ed il più recente Rachmaninov dell’op. 42, accostati ai sempre bizzarrissimo Scarlatti e ai Clementi più elevato e beethoveniano (op.40) non sono formalmente tanto imprevedibili. Infatti la matrice tastieristica è comune: grazie a quell’instancabile viaggiatore e divulgatore di se stesso qual era Clementi la Scuola del pianoforte moderno, la Scuola del “peso”, arrivò anche nella remota Russia dove l’eredità felicemente continua. Quanto alle forme, quelle preclassiche quanto preveggenti ed eterne insite nelle Sonate “monotematiche” scarlattiane divenivano forma-sonata, comunque capricciosa e “patetica” con l’op.40 n.2 di Clementi, quindi “Fantasia quasi Sonata” con tanto di programma immaginoso insito nella personale visione romantica di Dante di Liszt. Infine l’arte della Variazione quale soggetto del nobilissimo virtuosismo di Rachmaninov che, sul tema della Follia di Corelli, elabora 20 Variazioni e Coda. Programma in cui brillava il nome di Clementi (tanto caro a Michelangeli), che Marshev ha posto all’inizio del recital, con risultati non del tutto soddisfacenti. Ma è un recital da ricordare, sopratutto per la leggerezza e la trepidazione che ha immesso nelle quattro Sonate di Scarlatti, poi per tutta la seconda parte, aperta dalle Variazioni di Rachmaninov rese magnificamente, scavate nella loro originalità ritmica, differenziate per sonorità, varietà intelligente di intenzioni espressive. In un sorprendente crescendo di bravura infine Marshev sì è dato ad un’eccezionale esecuzione della “Lettura di Dante” di Liszt riuscendo a renderla tanto bene che appariva come nuova. Marshev respirava, fraseggiava continuamente con suono morbido e potente, mai caricato, un virtuosismo pianistico sbalorditivo unito a grande intensità espressiva. Ha offerto questa pagina di Liszt senza enfasi, togliendole la patina retorica e ha terminato come se cercasse di far uscire ancora suono da tutto il pianoforte. Prima dell’intervallo il pianista ha posto un pezzo curioso, una parafrasi da concerto sul Balletto “La bella addormentata” di Ciajkowsky-Pabst, composizione poco interessante, solo ricca di effetti. Alla fine di Liszt, Marshev è stato letteralmente sommerso dagli applausi e dai gridati consensi del pubblico. Ha ringraziato con tre bis: un Preludio tutto ritmo e contrasti di Rachmaninov, uno Studio da Concerto di Von Sauer e un travolgente Studio trascendentale di Liszt.

Fulvia Conter